Daigoro Timoncini a Rio 2016 “E’ l’Olimpiade della maturità”
Lottare è il suo sport, e così nemmeno l’infortunio alla spalla subito due anni fa è riuscito a far perdere a Daigoro Timoncini la tenacia per partecipare alla sua terza Olimpiade: dopo Pechino e Londra anche a Rio 2016 lui ci sarà, portando un po’ di Faenza ai Giochi Olimpici. Atleta di lotta greco romana, classe 1985, categoria 98 kg, il 6 agosto Daigoro partirà per il Brasile dove disputerà la propria gara il 16 agosto. Un successo sportivo che non arriva per caso: è una storia di tenacia e fatica che passa attraverso una tradizione che in Faenza ha un vero e proprio polo d’eccellenza nazionale e internazionale, la palestra Lucchesi.
Per Daigoro Timoncini sarà la terza Olimpiade
Non si può capire la partecipazione a Rio 2016 se non si torna indietro di oltre vent’anni, al 1994 quando Daigoro è ancora un bambino di nove anni e magari non avrebbe mai pensato a quell’età di poter arrivare a disputare ben tre Olimpiadi. «Per me è stato facile entrare nel mondo della lotta – racconta Daigoro Timoncini – un po’ perché mio padre, Luigi Timoncini, è un ex lottatore e un po’ perché Faenza ha una buona tradizione in questo settore». Un vero e proprio passaggio di consegne quello tra padre e figlio: nel 1994 Luigi disputava la sua ultima gara e la settimana dopo Daigoro era pronto a seguire le sue orme lottando sul tappeto contro gli avversari e contro i propri limiti. Da lì in poi i sacrifici per raggiungere i propri obiettivi sono stati tanti, con allenamenti dalle quattro alle sei ore giornaliere. Sacrifici ampiamente ripagati dai successi sportivi. Due anni dopo, nel 1996, è arrivato il primo titolo italiano giovanile e poi il culmine con le tre qualificazioni olimpiche e il quinto posto ai Mondiali di Baku, nel 2007.
La palestra Lucchesi: un’eccellenza faentina
Il cammino di Daigoro non sarebbe stato possibile grazie a un’eccellenza faentina, la palestra Lucchesi, che dal 1919 ha formato e continua a formare lottatori medagliati e di successo come Vincenzo Maenza (Oro a Los Angeles 1984 e Seul 1988) e Andrea Minguzzi (Oro a Pechino 2008). A conti fatti circa un terzo delle medaglie di questo sport sono infatti arrivate da atleti che si sono allenati nella città manfreda. «I risultati arrivano perché c’è una struttura che ti consente di fare del proprio meglio», spiega Daigoro. Ancora oggi il vivaio della palestra forma giovani costantemente ai primi posti nei campionati italiani ed europei.
Rio 2016: l’Olimpiade della maturità
A Rio arriverà un atleta maturo e ancora più consapevole dei propri mezzi, dopo le precedenti esperienze olimpiche. Pechino 2008 era stata per Daigoro «un vortice di emozioni», che aveva portato a un decimo posto finale, mentre da Londra l’atleta faentino si aspettava qualcosa di più del diciassettesimo posto in classifica. «Voglio prima di tutto fare le cose con la massima serietà, ma divertendomi. Dopo alcuni errori di sistema compiuti a Londra, ora ho corretto un po’ il tiro».
“Solo chi lo pratica può capire la bellezza di questo sport”
Difficoltà a trovare sponsor, il monopolio di sport più gettonati, poche realtà territoriali di valore: la lotta non si può dire sia uno sport mainstream, almeno in Italia. «Eppure è il primo sport a cui giochiamo – racconta Daigoro Timoncini – è un gioco che da bambini tutti fanno. Noi ovviamente lo pratichiamo con regole specifiche per competere con i migliori, ma i bambini per prima cosa lottano confrontandosi con qualcuno pari a loro. Solo chi prova questo sport può capire veramente cosa può significare, guardandolo da fuori non ci si rende conto della fatica e dell’emozione che dà». Uno sport completo la lotta, che miscela forza, tecnica e coordinazione e per questo, aldilà di una possibile carriera agonistica, importante per lo sviluppo dei ragazzi. In pochi istanti si prendono decisioni fondamentali che possono segnare la vittoria o la sconfitta nel match. «La forza da sola non basta, bisogna saperla applicare sfruttando anche altre qualità, l’istinto soprattutto». Per riuscire a promuovere questo sport, Daigoro indica un modello che negli ultimi anni ha riscosso successo in Italia, il rugby: «Bisognerebbe prendere spunto da quanto è stato fatto lì o come con l’Mma (arti marziali miste). Sono infatti arrivate le tv, sponsor di livelli, si è investito per farlo conoscere. In Italia bisogna trovare il giro giusto e avere federazioni lungimiranti».
Diagoro Timoncini: studente e atleta
Non solo allenamento in palestra, ma anche nelle aule di università. Daigoro è studente alla Facoltà di scienze motorie a Bologna e riesce a conciliare la vita di studente con quella di sportivo . «Un atleta riesce a sapersi organizzare bene, lo sport forma anche in questo», dichiara Daigoro che ha recentemente ricevuto i migliori auguri dal rettore dell’università di Bologna, Francesco Ubertini, in un incontro in cui ha salutato gli olimpionici “Unibo” in partenza per Rio.
Anche il territorio faentino è stato molto attivo nell’avviare collaborazioni con l’atleta: in vista dei Giochi sono state stampate delle magliette con la caricatura di Daigoro il cui ricavato andrà all’Asd (Associazione sportivi disabili dilettantistica). Sono arrivate poi altre collaborazioni con realtà locali come Liverani abbigliamento e la concessionaria Moreno. E per il futuro? «Mi prenderò un periodo di pausa e finirò gli studi… vedremo poi cosa succederà».
Nei prossimi giorni Daigoro Timoncini svolgerà un periodo di preparazione in Svezia prima di partire per il Brasile. Poi il 16 agosto si salirà sulla materassina a lottare, e lì le parole lasceranno spazio a istinto, forza, esplosività.
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