Missione per salvare il cubo alato di Zauli a Tel Aviv: l’opera donata da Matatia nel 1991
Salvare un’opera capace di unire Faenza e Tel Aviv nel nome di Carlo Zauli, uno dei più importanti ceramisti italiani del Novecento: è questa la missione che vedrà impegnato, nei prossimi mesi, il Museo Carlo Zauli, venuto a conoscenza che il campus dell’università di Tel Aviv custodisce un cubo alato dell’artista faentino che versa in gravi condizioni per motivi al momento non identificati. L’opera, intitolata “The wings of peace”, venne donata nel 1991 all’università di Tel Aviv da parte di Beniamino Matatia, imprenditore faentino di origine ebraica, e da trent’anni unisce, nel segno della pace e dell’arte, le due città. Per anni, all’interno del campus, questo cubo alato è stato una testimonianza concerta dell’arte faentina nel mondo, a fianco di altre opere dal valore internazionale (come quelle di Giò Pomodoro), ma ora rischia di sparire, spezzando questo lungo legame. Sono stati proprio i figli di Beniamino, Roberto Matatia e sua sorella Debora, a fare da tramite tra l’istituzione israeliana e il Museo, per non disperdere il valore che custodisce quest’opera. «Nel 1991 mio padre Beniamino fece una donazione all’università di Tel Aviv – spiega Roberto Matatia – era un appassionato d’arte, e quando andò a vivere in Israele commissionò a Zauli questa opera, che rappresenta un simbolo di unione e fratellanza».
Un altro cubo alato di Zauli da salvare: “In questo caso non abbiamo spiegazioni sul collasso”

Dopo aver recuperato nell‘ottobre 2017 l’opera “La fraternità tra i popoli” situata di fronte alla stazione di Faenza, un altro cubo alato rischia ora di collassare per motivi ancora sconosciuti. «Nel corso della sua carriera, Carlo Zauli ha installato una trentina di opere all’aperto – spiega Matteo Zauli, direttore del Museo e figlio dell’artista – di queste, solo tre hanno avuto, col tempo, danni strutturali che hanno reso necessario un’intervento conservativo. Due sono ubicate a Faenza, e il loro danneggiamento è certamente dovuto ad atti umani (come nel caso del cubo alato della stazione, ndr) e alle conseguenti infiltrazioni di ghiaccio che indeboliscono la struttura; mentre per quest’opera donata a Tel Aviv al momento non sappiamo trovare una spiegazione plausibile. Il nostro impegno è però far sì che la testimonianza artistica di mio padre non venga dispersa». Il Museo Carlo Zauli farà dunque il possibile per salvaguardare quest’opera. «Se non sarà possibile, per vari motivi, restaurare in loco l’opera di Tel Aviv, proporremo all’università uno scambio. Mio padre realizzò infatti, negli ultimi anni della sua carriera, diverse sezioni di un cubo alato mai completato e conservato ora nei nostri depositi: siamo disposti a donarlo e a ritirare, in cambio, quello attuale, per poterlo così restaurare al meglio qua a Faenza e a conservarlo poi nel nostro Museo».
In autunno le residenze d’artista tra Faenza e Tel Aviv
Un legame, quello tra Faenza e Tel Aviv, che non guarda solo a questo importante recupero del passato: sotto la supervisione dell’Aicc (associazione italiana Città della Ceramica) partirà nel prossimo autunno 2019 uno scambio artistico che unirà Italia e Israele. Due ceramisti faentini, che saranno selezionati nelle prossime settimane, partiranno in residenza d’artista in Israele; contemporaneamente un artista israeliano sarà invece ospite al Museo Carlo Zauli. Un programma che sarà poi esteso nel 2020 e 2021 anche ad altra città della ceramica italiane. «Tel Aviv è diventata una città chiave dell’arte a livello mondiale – spiega il presidente Aicc Massimo Isola – soprattutto per quanto riguarda il tema della contemporaneità, e per noi rappresenta una grande opportunità. Ed è stato proprio dialogando con i nostri interlocutori all’università di Tel Aviv che abbiamo scoperto questa bellissima storia che lega Carlo Zauli e la famiglia Matatia, che speriamo possa andare a buon fine».