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Blade Runner 2049 di Denis Villeneuve

Anno 2049, Los Angeles. L’agente K è uno degli ultimi “Blade Runner”, ovvero agenti di polizia speciali incaricati di “ritirare” i replicanti dal loro servizio mediante la loro uccisione. I replicanti sono copie esatte degli umani, creati artificialmente dalla nuova impresa di Niander Wallace, che ha sostituito la precedente Tyrell Corporation in seguito alla ribellione delle loro stesse creazioni. Grazie alle abilità di Wallace, i nuovi replicanti obbediscono al punto da poter dare la caccia agli androidi della vecchia linea, tuttora in circolazione. K (interpretato da Ryan Gosling) è egli stesso un replicante, chiamato a svolgere una missione pericolosa senza battere ciglio. Tutto cambierà quando l’agente farà una scoperta decisiva, che metterà a dura prova sia le sue credenze sia il senso stesso della sua esistenza, programmata per un solo scopo.

Il remake del celebre film di Ridley Scott tratto dal romanzo di Philip K. Dick

Era un obiettivo estremamente ambizioso quello di riportare sulla scena il cult assoluto di Blade Runner, film di fantascienza del 1982 con protagonista Harrison Ford, diretto dall’allora giovane Ridley Scott e tratto dal romanzo di Philip K. Dick: Ma gli androidi sognano pecore elettriche?. Un’operazione mal vista che non convinse quasi nessuno al suo annuncio. Eppure si può affermare che il regista canadese Denis Villeneuve (autore, tra gli altri, di PrisonersSicario e Arrival) sia riuscito nell’impresa: Blade Runner 2049 (uscito nel 2017)è il degno successore di uno dei migliori film di fantascienza della storia. Era letteralmente impossibile “replicare” il mito del suo predecessore, sia per l’importanza che ebbe in seguito nell’influenzare il genere distopico e noir, sia per l’innovazione che portò, dove la fantascienza al cinema non era più un mondo favoloso popolato di eroi e cattivi (come in Star Wars), ma diventava pessimistica nei confronti dell’umanità, nel voler raccontare un’esistenza condizionata dalla tecnologia e da un panorama artificiale che si era dimenticato del significato di essere umano.

Blade Runner 2049: operazione riuscita

Con questo sequel, Villeneuve tentò di riproporre le stesse atmosfere fredde e ciniche, la stessa aura onirica e mistica, quasi profetica, che permeò il suo predecessore. Il tutto connesso ad una nuova visione di quell’universo: stavolta il protagonista è un replicante che ha a che fare con i suoi simili. Il mondo che lo circonda è in rovina quanto quello mostrato nell’82, ma, se possibile, ancor meno umano. Tutto, incluse le sue emozioni e la sua “compagna”, sono artificiali. Il lavoro compiuto da Roger Deakins alla fotografia è a dir poco magistrale: fin da subito si rimane a bocca aperta grazie alle panoramiche immense e splendide, quadri illuminati da luci al neon o grigi scorci di ambienti desolati che sembrano ormai appartenere a un altro pianeta. Le musiche, ispirate al lavoro rivoluzionario di Vangelis, restituiscono quelle sensazioni apocalittiche che da sempre caratterizzano Blade Runner.

Un film visivamente maestoso

Il regista rallenta fortemente il ritmo, generando un film sospeso, ricco sia d’azione che di lunghi momenti di silenzio, che vanno quasi a descrivere l’apatia dei protagonisti in un mondo spento, seppur acceso di mille colori. Gosling, con il suo cipiglio enigmatico e inespressivo, si rivela un interprete idoneo alla causa. Pur con tutti i suoi difetti (si sente la mancanza di un villain del calibro di Rutger Hauer, che passò alla storia col suo monologo sotto la pioggia), inclusa una durata forse eccessiva e una sceneggiatura non sempre azzeccata (alcune frasi di Niander Wallace, interpretato da Jared Leto, risultano fini a sé stesse), Blade Runner 2049 è un’opera visivamente maestosa, indimenticabile per chi ha potuto vederla su grande schermo. Un film in grado di riesumare una certa nostalgia per gli appassionati e di colpire grazie alle nuove idee messe in scena da un regista di talento, di cui attendiamo la nuova impresa: il remake di Dune, altro grande romanzo di fantascienza già portato sullo schermo (con risultati più o meno discutibili) da David Lynch nel 1984.

Alessandro Leoni

Alessandro Leoni

Sono nato a Faenza nel 1993. Mi sono diplomato presso l’istituto tecnico agrario “G. Scarabelli” a Imola, e al momento studio Tecnologie Alimentari presso l’Università di Bologna – Sede di Cesena. Sono attore nella compagnia teatrale “Amici dell’Europa” da circa una decina d’anni nell’ambito prosa; ho fatto esperienza anche nell’operetta e nel musical collaborando, tra gli altri, con la “Compagnia del Cancello”. Nel tempo libero mi interesso di cinema, di cui sono molto appassionato, e pratico kung fu.

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