Alberto Morini e il punto su Faenza: “Per tempi straordinari, ci vogliono misure straordinarie”
Mettere al centro il lavoro, supportare le famiglie, diminuire la burocrazia per favorire la ripartenza e continuare a investire in sanità. Alberto Morini, imprenditore faentino classe 1966, già presidente della Fondazione Banca del Monte e Cassa di Risparmio di Faenza, da sempre legato al mondo sportivo e indicato come possibile candidato sindaco del centrosinistra, traccia una linea da percorrere a Faenza per rilanciare la città nei prossimi mesi che saranno ancora segnati dalle difficoltà portate dalla pandemia di Covid-19.
Intervista ad Alberto Morini
Come vede Alberto Morini la situazione che va delineandosi per Faenza nei prossimi mesi?
Ci troveremo in un mare di guai e l’estate sembrerà una notte prima degli esami sapendo di avere studiato poco, molto poco. La rara recente intervista al Carlino del segretario del Pd faentino fa emergere una profonda frustrazione: il grande lavoro sui conti del bilancio del Comune di Faenza perseguito negli anni dal sindaco Giovanni Malpezzi rischia di essere travolto dagli effetti incombenti della pandemia sul tessuto socio economico del nostro territorio. L’opera di riduzione degli oneri finanziari in capo al bilancio comunale gonfiatisi oltre un decennio fa rischia di risultare vano. Le previsioni sono pessime, le filiere a cui le nostre sempre più rade aziende del territorio appartengono contrarranno fatturati e occupati. Tema comune a tutti i paesi ma che colpirà soprattutto dove non si è messo fieno in cascina, dove più piccole sono le spalle del sistema industriale, della manifattura, del commercio, del frammentato tessuto artigiano, dell’agricoltura e dei servizi e in un contesto dove, negli anni, si è anche radicato un sentimento anti imprese, farcito di una burocrazia ipertrofica e da velleitarie propensioni al pauperismo della decrescita. Faenza, la Romagna, già impoverita da una progressiva de-industrializzazione e ulteriormente colpita dalla devastazione sul settore turistico pagherà un prezzo salato per famiglie, imprese ed enti locali.
Quali risposte è necessario dare per contrastare questo futuro?
Nell’intervista il segretario del Pd rammenta come l’avvio del decennio Malpezzi fu segnato anche dall’imprevista (ma neanche tanto) delocalizzazione dello stabilimento faentino Golden Lady: fu un colpo al cuore del sistema faentino. Rammento bene la battuta di tagliente realismo di un navigato amministratore che disse: “bravi, avete scritto un bellissimo programma elettorale per Malpezzi. Mi dici però a che pagina trovi come risolvere la questione Golden Lady?”. Questo per rammentare che mentre si materializzano i numeri e i timori di una crisi che travolgerà il nostro territorio, sarebbe bello si provasse fin da ora, al netto dell’impegno di Stato e Regione, a ragionare tutti su misure che ne limitino i danni e ne invertano gli effetti. Un’alternativa costruttiva ai selfie del momento e all’accingersi a scrivere improbabili programmi elettorali, libri dei sogni per le prossime imminenti elezioni, sui quali temo non si troverà la cruda verità su cosa ci aspetta. Il rischio, tardando, è di prendere in giro gli elettori, arrivare tardi nel limitare i danni e non trovare in nessuna pagina il da farsi, perché per tempi non ordinari occorrono misure non ordinarie. Una risposta, ora, per non rinunciare a un mondo e a una città con più competenze, più aziende, più aperture, più futuro (anche più Europa), più sostenibilità che non significa decrescere. Un tentativo anche per unire su comuni paradigmi di sviluppo e futuro, facendo emergere profili al servizio della propria città, non etero guidati e condizionabili da interessi non faentini, togliendo spazio così a chi la campagna elettorale la costruirà solo con la contrapposizione dei cattivi in Europa e delle vittime in Italia, offrendo risposte banali e distruttive a problemi complessi.
Quale può essere un aiuto immediato alla situazione che si presenta ai cittadini?
L’abbattimento di tariffe e tributi. Credo ci sia comunanza sulla necessità di salvare le aziende dalla chiusura e le famiglie dalla povertà. La sospensione o l’abbattimento dei tributi locali sono uno strumento da perseguire senza indugio.
Ma il mancato introito nelle casse comunali sarà un problema, come recuperare credito?
Sono poche le leve che possono aiutare il Comune di Faenza nel far quadrare i propri conti e nel produrre investimenti e in ogni caso inseriti in un perimetro di compartecipazione con altri Comuni. Da soli non si fa molta strada. Ravenna Holding, soci Comune e Provincia di Ravenna, Comuni di Faenza, Russi e Cervia, detiene in portafoglio le azioni Hera dei Comuni di Ravenna, Faenza, Cervia Russi per una valore corrente di circa 240 milioni di euro. E’ curioso osservare come il titolo che per anni è rimasto inchiodato sullo stesso valore, negli ultimi 12 mesi sia cresciuto oltre il 15% e sarebbe probabilmente cresciuto ancora se non fosse scoppiata la pandemia e l’ondata di ribassi. Non si tratta quindi ora di vendere le azioni ma di agire come patto di sindacato, di fronte a una comune emergenza, per sospingere Hera, azienda quotata, bene ricordarlo e quindi con la dovuta accortezza, assieme agli altri soci pubblici (il 46%) verso la corresponsione di dividendi straordinari o verso un più complesso abbattimento del capitale a vantaggio dei soci, traendo risorse dall’accantonamento di quasi un miliardo disponibile a patrimonio netto. Sono somme non distribuite come dividendo, soldi degli azionisti di Hera e quindi anche dei Comuni e dei loro cittadini. Asp è l’azienda per i servizi alla persona dei Comuni di Faenza, Brisighella, Castel Bolognese, Solarolo, Casola Valsenio, Riolo Terme: 209 gli immobili e 503 gli ettari di proprietà per un valore di carico a bilancio, molto sottostimato, di circa 35 milioni di euro. Non si tratta di svendere ma di avviare, ora per dopo, una ricognizione per valorizzazioni e alienazioni che generino plusvalenze e reddito per i Comuni contraenti.
E rispetto alle aziende? Come aiutare le nostre realtà territoriali a riavviare il comparto produttivo e non?
Abbiamo bisogno che le aziende riaprano. A maggior ragione il momento richiede di abbattere tutti quei vincoli burocratici che impediscono ripartenze perché in violazione ad autorizzazione e vincoli precedenti che nulla hanno a che fare con aspetti di salute pubblica. Penso a quei ristoranti e bar che possono trovare spazi di somministrazione all’esterno, soprattutto in centro storico. Piccole cose possono fare i Comuni, alcune le può fare la Regione ma è allo Stato che tocca l’onere più grosso. I parlamentari della Romagna devono spingere il governo a decretare la sospensione di vincoli autorizzativi da parte di Soprintendenze e altri organismi, velocizzando e consentendo la ripresa delle attività o favorendone di nuove. La stessa cosa vale per la sospensione temporanea del codice degli appalti. Sento già i brusii e i sospetti. L’esperienza mi ha insegnato che sovente chi ha il sospetto ha il difetto. Ma qui si tratta di far partire subito opere, già finanziate, che possono generare lavoro e valore. Ma come ho già detto sono misure non ordinarie. Tempi straordinari, misure straordinarie appunto.
La sanità negli ultimi due mesi è stata messa a dura prova portando in superficie la necessità di continui investimenti, dove trovare le risorse?
Mai come in questi mesi ci siamo resi conto di cosa significhi avere sistema sanitario nazionale pubblico ma è altrettanto vero che ci siamo tutti resi conto de valore dei presidi di territorio. Solo la caparbietà del sindaco Malpezzi e della consigliera Rontini hanno consentito l’investimento per il nuovo pronto soccorso. Se è un fatto che l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca ha valutato positivamente il progetto relativo ai due corsi di laurea della Facoltà di Chirurgia e Medicina a Ravenna e Forlì. E’ anche vero che Faenza è sede dei corsi che abilitano alla professione di infermiere. I fondi Mes che arriveranno in Italia vincolati all’ambito sanitario, si spera vadano oltre la necessità di coprire il mancato gettito Irap (che finanzia i sistemi sanitari delle regioni). E’ auspicabile si aprano opportunità in una visione generale ripensamento delle politiche socio sanitarie da cui il tema dell’Ospedale di Faenza non potrà rimanere estraneo. Occorre volerlo e lavorarci. Ma da ora. Non quando le scelte si saranno già configurate.
Sono operazioni che richiedono partnership con gli altri attori del territorio a cominciare dai Comuni del territorio, dagli istituti bancari e dalle Fondazioni, anche loro con carte da giocare, e che rischiano anche loro di rimanere sotto le macerie. Sono operazioni complesse che richiedono tempo, prudenza e competenze ma che possono rappresentare, privilegiando investimenti su spesa corrente, lo strumento per sostenere, con opere e meno imposizione fiscale, aziende, famiglie, quadrando i conti del Comune di Faenza. Si possono creare le premesse per investimenti creando lavoro e le condizioni per una città più attrattiva per aziende e cittadini (su cui ci sono già in embrione progetti percorribili e di cui quando possibile dirò), in una chiave di accessibilità e vivibilità. Sono misure non ordinarie. Tempi straordinari, misure straordinarie appunto. Quando se non ora.
Intervista a cura di Francesco Ghini