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Vent’anni dopo. La parabola del berlusconismo

LA PARABOLA DEL BERLUSCONISMO

 

Nessuno ha segnato un periodo della storia repubblicana tanto quanto Silvio Berlusconi. L’unica eccezione sono gli anni ’80, connotati da un profondo cambiamento del socialismo italiano e che si identificano col “craxismo”. Ma Bettino Craxi non è mai stato al centro del sistema partitico come il leader del centrodestra della Seconda Repubblica. Vent’anni fa, alle elezioni del marzo 1994, il partito del Cavaliere, Forza Italia, prendeva posto tra i principali attori della scena politica italiana. Oggi sembra essere calato il sipario sui progetti di costruzione di un partito liberal-conservatore, di modernizzazione del paese e di una rivoluzione liberale. Piero Ignazi, politologo e professore presso l’Università di Bologna, ripercorre le vicende di questo periodo, partendo dalle origini del berlusconismo, mettendo in luce le peculiarità che gli hanno permesso di non essere un fuoco fatuo e le debolezze che gli hanno portato alterne fortune fino al presunto attuale declino.

Il berlusconismo è frutto di quello che è venuto maturando nel decennio precedente. Gli anni ’80 sono un decennio di ripresa economica e crescita esponenziale del debito pubblico, in cui la società vuole lasciarsi alle spalle l’ondata di violenza degli anni di piombo ed è pronta ad abbracciare nuove abitudini e nuovi valori, tra tutti, l’individualismo e l’affermazione personale. La società cambia, ma i partiti non le prestano sufficiente attenzione e perdono il contatto con essa. La classe media e i ceti produttivi si trovano senza rappresentanza e non riescono a trovare un partito a cui guardare: l’inchiesta Mani Pulite rovescia l’ormai logoro sistema partitico, creando una situazione di grande fragilità istituzionale. In questo contesto, entra in scena Silvio Berlusconi, l’uomo che porrà il suo marchio sul nuovo sistema partitico e, per esteso, sul nuovo modo di fare politica in fatto di stile, dinamiche e temi. La sua padronanza dei media su ogni fronte e la sua abilità a destreggiarsi nel piccolo schermo danno il via alla mediatizzazione della politica italiana, per poi imporre prepotentemente la sua personalizzazione, spostando l’attenzione dai contenuti ai leader. Berlusconi ha rivoluzionato le regole del gioco, perché da allora, volenti o nolenti, gli altri partiti hanno dovuto adeguarsi. E ovviamente anche il modo di gestire il partito come se fosse un’azienda (business firm party model) ha rappresentato un’assoluta novità per lo scenario italiano. Ignazi dedica ampio spazio a ricostruire la nascita di Forza Italia e ai continui processi di riorganizzazione che si sono succeduti a partire dalla caduta del primo governo Berlusconi e che hanno portato ad una frequente trasformazione del messaggio liberale delle origini, spingendolo gradualmente verso una maggiore radicalizzazione.

Se la rottura col passato e la creazione di una narrazione basata sulla figura di imprenditore di successo, che scende in campo per offrire un nuovo futuro all’Italia ha contribuito ad elevare un alone quasi eroico attorno alla figura di Berlusconi, tanti punti deboli hanno contribuito a smantellarlo. I sassi in cui negli anni inciampa il Cavaliere vanno dalla difficoltà a gestire il dissenso interno al partito (chi non ricorda il dito puntato di Fini e la frase “Altrimenti che fai, mi cacci?” dell’aprile 2010, per citare l’esempio più eclatante) alla mancanza di credibilità in ambito internazionale (numerose gaffes hanno spesso costretto la diplomazia italiana ad intervenire precipitosamente). Questi aspetti hanno avuto pesanti ricadute anche sul piano domestico e hanno contribuito insieme al mancato mantenimento delle molteplici promesse alla progressiva perdita di credibilità e all’erosione dei suoi consensi. Spazio a parte merita il rapporto di Berlusconi con le istituzioni e l’intreccio delle sue vicende giudiziarie con l’attività legislativa del Parlamento che hanno contribuito a renderlo una figura sempre più ingombrante e odiata per suoi detrattori e un martire ingiustamente accusato per i suoi fedelissimi. La rottura con il suo delfino Alfano, nel 2013, e la condanna definitiva in uno dei pochi processi giunti al termine fanno trarre ad Ignazi la conclusione che siamo giunti alla parte discendente della parabola del berlusconismo e alla fine del suo ciclo.

Ad oggi, 2015, la pena è stata scontata e il Cavaliere, all’età di 78, non sembra intenzionato a farsi da parte e rinunciare al suo ruolo di protagonista. Considerati i colpi di scena a cui ci ha abituato negli anni e che gli hanno permesso di risollevarsi dalle cadute, ricucire alleanze con vecchi sodali e trovarne di nuovi, potrebbero ancora esserci delle sorprese dietro l’angolo. E’ davvero finita la sua parabola?

Piero Ignazi tratteggia in modo sapiente gli ultimi vent’anni della storia politica italiana per spiegare il fenomeno del berlusconismo, offrendo un affresco accurato e mai pesante, nonostante la molteplicità dei personaggi e la difficoltà di districarsi tra gli eventi. Semplicità nel linguaggio e chiarezza espositiva rendono la lettura di questo breve libro molto scorrevole. Ciascun merito e ciascuna critica nei confronti di Berlusconi sono motivati e mai arbitrari. Il numeroso elenco di fonti citate fanno capire quanta attenzione e cura sono state dedicate alla scrittura di questo volume. Che il Cavaliere piaccia o meno, come il suo partito, è soggettivo. Ciò che è certo è che il suo ingresso rivoluzionario sulla scena ha modificato il sistema politico italiano e ha prodotto numerosi effetti. Chiunque voglia cercare di capire in che modo ha trasformato radicalmente il modo di fare politica e ripercorrere le vicende politiche del ventennio 1994-2014, dovrebbe prendersi un po’ di tempo per leggere il volumetto di Ignazi.

 

Diana Dalmonte

 

Recensione del libro: Ignazi, P. (2014) “Vent’anni dopo. La parabola del berlusconismo”. Il Mulino, Bologna.

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