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GIORGIO CARNEVALI – Poeta romagnolo d.o.c.

Giorgio Carnevali (classe 1937) – romagnolo doc

Giorgio è nato a Conselice, fra le nebbie e le zanzare di quella Romagna che i faentini definiscono: la Bassa. Vive a Faenza da quando era ragazzo. La poesia gli è compagna dall’età matura ma la scioltezza e la facilità con cui scorrono i suoi versi, ci suggerisce l’idea che fiorisse nella sua interiorità già da tempo.
La sua poesia è una galleria di ritratti tratteggiati con segno sicuro e netto quasi usasse il carboncino o la sanguigna: rosso e nero, due colori tanto amati nella nostra terra. La sua lingua è quella della campagna piatta che prelude le valli. Le colline, i confini e le chiusure che l’orizzonte dell’Appennino impone, Giorgio li ha imparati con il rude silenzio che è tipico della gente romagnola. A volte il suo estro poetico si esprime, rinverdendo in chiave moderna l’antico gioco della zirudela, con il motteggio e lo sberleffo affettuoso; la zirudela era un tradizionale componimento poetico della nostra regione. La si usava per feste paesane, celebrazioni e anniversari… infatti, in questa breve silloge, la ritroviamo nel ritmo degli auguri ad Angela per il suo compleanno.
Ricordi, ritratti, auguri… suggestivi fotogrammi di una Romagna che sta sbiadendo come una fotografia lasciata per troppo tempo al sole.

Scarica la silloge poetica completa “La zigareta” di Giorgio Carnevali

LA ZIGARETA 

La prema zigarèta cà fumè,
amarcurd come adess una Mentola,
al aveva rubeda in tun pachet d’mi pè;
a la fumè in te gabinet a scola

A la prema tirata, um vens la tòs
um pianzeva i oc, la testa l’am prileva
aveva e mel mer e stòmac e bruntleva
ui manchè poc can um pisess adoss

La sgonda ucasion la fò par Carnevel
Int’ un fisten cus fa cun i amig d’scola:
Salvo, Gianluigi, Mario e su fradel
d’ietar che adess an marcurd brisa
mo a sò sicur cui era la Luisa.

Dop ave magnè di zucarèn,
dla pasta margherita e dla zambela,
azindendesum tot quent la zigarèta
avrema fer i grend par la burdela.

Salvo us butè come mort int’na pultrona,
Gianluigi us sbianchè come un linzol,
Mario e su fradel i pragheva la madona,
La Luisa la rideva a crepapel
e mè a butè fura nenca e cor.

L’è pas piò zinquant’en o zò da lè
in ti pachet ui è scret IL FUMO UCCIDE
adess in ti post asrè un spò fumè
ì à fat la lez e bsogna supurtè.

Sit ved fumè id da de criminel
ì ex fumadur ì è guent i piò arabì
in s’arcorda piò cum l’era bel
fume una zigareta dop a una magneda
dop un cafè o dop una ciaveda.

Cum l’è andeda a finì cun la Luisa?
Dop a che dè c’à stesè mel e la rideva
– an sò una mela lengua an ve deg brisa –
Mo un’etra volta am so gudù anca mè:
li la faseva di suspir, di sgagnul e mutlev

LA SIGARETTA

La prima sigaretta che ho fumato
mi ricordo come fosse ora: una Mentola,
L’avevo rubata da un pacchetto di mio padre;
la fumai nel gabinetto a scuola

Alla prima tirata, mi venne la tosse
mi piangevano gli occhi, la testa mi girava
avevo il mal di mare e lo stomaco brontolava
ci mancò poco che mi pisciassi addosso.

La seconda occasione fu a Carnevale,
a un festino, di quelli che si fanno con gli amici di scuola:
Salvo, Gianluigi, Mario e suo fratello
e altri che ora non ricordo più
ma son sicuro che c’era la Luisa.

Dopo aver mangiato zuccherini,
pasta margherita e ciambella,
accendemmo tutti quanti la sigaretta,
volevamo fare i grandi per la ragazza.

Salvo si buttò come morto su una poltrona
Gianluigi sbiancò come un lenzuolo
Mario e suo fratello pregavano la madonna,
la Luisa rideva a crepapelle
e io vomitai anche il cuore.

Son passati più o meno cinquant’anni
sui pacchetti c’è scritto IL FUMO UCCIDE,
ora nei posti al chiuso non si può più fumare
hanno fatto la legge e bisogna sopportare.

Se ti vedono fumare ti dicono che sei un criminale
gli ex fumatori sono diventati i più rabbiosi,
non si ricordano più come era bello
fumare una sigaretta dopo una mangiata,
dopo un caffè o dopo una scopata.

Come è andata a finire con la Luisa?
Dopo a quel giorno che stetti male e lei rideva
– non sono una malalingua, non ve lo dico –
Ma un’altra volta mi son divertito anch’io:
lei sospirava, gemeva e ammutoliva.

 

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